Genova da il benvenuto ad un gruppo di artisti americani, pittori, fotografi, scultori, che fanno parte del Easton Circle formatosi intorno alla figura carismatica di Karl Stirner, che da New York e da varie parti degli Stati Uniti si sono trasferiti a Easton, una cittadina della Pennysilvania, per trovare spazi più adeguati alle loro attività. L’Associazione Satura li ospita per una collettiva che si sviluppa in mezzo ad eventi culturali collaterali che sottolineano festosamente l’incontro.Quest’anno possiamo dire che l’arte americana è di moda in Italia. Si è appena conclusa a Brescia al Museo di Santa Giulia, per la prima volta nel nostro Paese, una grande mostra sulla pittura americana dell’ottocento in cui si assiste alla celebrazione dei grandi spazi da parte dei pittori della Hudson River School, ai viaggi di artisti americani alla scoperta dell’Italia, fino alle influenze della pittura impressionista.
Per quanto riguarda l’arte americana del novecento, la Liguria si è distinta per aver ospitato a Bordighera negli anni 50 una selezione di pittori statunitensi tratti dalla celebre collezione di Peggy Guggenheim già presentata alla Biennale del 1948. Furono riproposti per la rassegna ligure del ’53, all’attenzione del pubblico e della critica artisti oggi universalmente conosciuti come Pollock, Rotko, Gorky, Matta. La Mostra di Pittura Americana del ’55 fu apertamente figurativa rivelando al grande pubblico artisti come Hopper, Feininger e Ben Shahn e lanciando alcuni giovani artisti di talento alle prime armi: Beverly Pepper, Dimitri Hadzi e Jack Zajac passati poi con notevole successo alla scultura.
Inoltre, a Genova nel ’79 e nel’80, in occasione del Festival Internazionale della Poesia ideato da Edoardo Sanguineti e Attilio Sartori, confluirono poeti e letterati americani della beat generation come Allen Ginsberg che lessero testi di Gregory Corso, Lawrence Ferlinghetti e Jack Kerouac.
In questo American Art Festival che si tiene nei locali dell’Associazione Satura ci sono varie tendenze dell’arte americana contemporanea. Innanzitutto c’è Karl Stirner lo scultore che, dopo aver insegnato alla Temple University di Filadelfia, si è spostato a New York e infine a Easton dove il recupero di una dismessa fabbrica di mattoni divenuta il suo studio e la sua galleria, ha catalizzato la rinascita culturale di questa cittadina non distante da New York. Molti artisti seguendo il suo esempio si sono trasferiti a Easton aprendo studi e gallerie creando la comunità artistica del “Easton Circle”, dando un notevole impulso all’economia della città, che riconoscente ha proclamato il mese di settembre del 2000 come “Karl Stirner Month”. Nel suo atelier-officina Karl lavora col ferro, spesso recuperato dai residui della civiltà industriale, mirando all’essenzialità delle sue sculture con rigoroso minimalismo formale che non gli impedisce di trasmettere significati vitali profondi. L’opera che presenta a Genova fa parte di una serie che si riferisce alla morte di sua moglie Barbara: un grande recipiente cilindrico viene violentemente compresso riducendosi ad un ammasso compatto ed acquistando così una nuova forma, quasi a mimare l’indistruttibilità dell’individuo e il permanere della sua memoria.
Gli artisti scelti da Karl esprimono le attuali tendenze dell’arte americana che partecipa della globalizzazione ed ha pertanto caratteristiche del tutto analoghe se non identiche a quelle europee. Anche per l’arte americana infatti stanno scomparendo le linee di demarcazione tra le tradizionali categorie artistiche, tra le diverse forme di cultura e di rappresentazione che si mescolano arricchendosi anche di contributi extra occidentali. Il “postmoderno” incalza con la sua perdita di riferimenti storici, schiacciando passato e futuro su di un perpetuo presente, alimentando la sfiducia nell’idea di progresso del sapere. I modelli di comunicazione mutano insieme ai supporti tecnologici che li sostengono e frammentano sempre più velocemente l’immagine collettiva dei comportamenti sociali. All’arte visiva non rimane che ripensare se stessa attraverso un recupero critico delle immagini ereditate dal novecento con citazioni rivisitate e spesso ironiche. Il patrimonio culturale del passato viene riletto in una sintesi nuova che mescola culture d’elite e culture popolari privandole della loro valenza storica e riversandole in un flusso omologante di massima referenzialità previsto già dal 1936 da Walter Benjamin.
Così Ann Harding rivisita l’action painting riscoprendo l’approccio spontaneo e gestuale sulla superficie tattile della rappresentazione astratta, mentre Jay Milder la vive nella sua dimensione espressionista e Bill Barrell crea punti di energia pura per trasmetterli allo spettatore. Anche Brian Gormley si serve dell’espressionismo astratto ma con punti di contatto con l’informale: le aree brillantemente colorate non costituiscono un insieme compatto ma sono isole galleggianti in un nero allusivo alle catastrofi incombenti. I tondi di Berisford Boothe vanno alle radici della pratica artistica svolgendo percorsi rituali che emanano energia vitale. Il ritorno al figurativo si tinge di feroce ironia in Nancy Marshall che si chiede chi stiamo ammirando e che cosa, mentre Mary Ann Miller riscopre il gusto della semplificazione dell’immagine, quasi un archetipo che trasmetta i rudimenti della identità umana sia genetica che culturale. Per Ken Kewley e Martha Whistler sotto l’apparenza di una scomposizione cubista della figura umana si celano esigenze di costruzione razionale delle forme e dei colori che li collegano alla pittura analitica. Andrea Fantechi prende le sue immagini dalla vita quotidiana trasformandole in icone-messaggi apparentemente semplificati con soluzioni grafiche che ricordano la Pop britannica. I ritratti espressionisti di Paul Matthews e di Barnaby Ruhe emanano la forza dell’introspezione psicologica. Sempre nell’ambito figurativo sono presenti anche Maria Tagliafierro, che ha fatto a lungo parte del Easton Circle, con i suoi fiori solari e Guido Gelcich con le sue corpose figure femminili. Per il paesaggio, il ponte verso i sogni di Easton è una ironica incisione di Charles Klabunde costruita come una vecchia stampa giapponese. Gli interni desolati degli ambienti urbani sono descritti da Louis Lamont con ricchezza di dettagli e partecipazione emotiva. Isadore LaDuca parte da un’immagine fotografica che piazza al centro di un intervento pittorico teso ad inquadrare l’individuo dentro la complessità dell’esistenza, in un universo di dualismi vicino-lontano, passato-presente. Sul fronte del materico i “dipinti” di Steve Tobin sono costituiti da strati di viti e chiodi le cui qualità utilitaristiche si sono trasformate in equilibrate tessiture, che rimandano comunque all’abbandono degli scarti della società industriale. Anche la fotografia di Alyssa Csük ricerca nelle rovine industriali le asperità delle superfici del ferro e dell’acciao per isolarne suggestive immagini astratte. La fotografia di Larry Fink invece punta alla costruzione di un’immagine con frammenti provenienti da contesti differenti la cui lettura complessiva risulta misteriosa ed inquietante. Sono inoltre presenti nella mostra genovese anche esponenti dell’architettura e del design: William Dohe and Karen Ramsey presentano il progetto di una casa di minimo impatto ambientale, costruita con materiali locali e orientata in modo tale da ricevere il riscaldamento dal sole in inverno. Matthew Hoey espone la sua famosa sedia Basel Lounge già presentata all’Art Basel di Miami strutturata con materiale tecnologicamente avanzato che le conferisce speciale brillantezza e leggerezza. La scarpe di Martha Posner infine, piene di polvere e di ragnatele sembrano uscite da una favola, insieme ai vestiti dimenticati nella soffitta della nostra infanzia.
L’evento American Art Festival con la presenza a Genova degli artisti americani non poteva che stimolare l’incontro con gli artisti che operano in Liguria e che hanno avuto riconoscimenti nazionali ed internazionali come Tommaso Arscone, Mario Bardelli, Franco Belsole, Angelo Pio Biso, Gabriele Buratti “Buga”, Virginia Cafiero, Aurelio Caminati, Antonino Cerda, Milly Coda, Giuliano Crepaldi, Barbara Danovaro, Walter Di Giusto, Bruna Ferrarini Dell’Utri, Giannetto Fieschi, Giovanni Garozzo, Graziella Gemignani Menozzi, Guido Gelcich, Gianluigi Gentile, Luigi Grande, Giorgio Levi, Sylvia Loew, Alberto Marani, Laura Mascardi, Plinio Mesciulam, Paola Mineo, Mario Napoli, Riri Negri, Filippo Nicotra, Peter Nussbaum, Martino Oberto, Sergio Palladini, Lucia Pasini, Gabriella Pastorino, Paola Pastura, Mara Pepe, Mario Pepe, Pietro Pignatti, Anna Ramenghi, Franco Repetto, Barbara Schiappacasse, Raimondo Sirotti, Gabriella Soldatini, Maria Tagliafierro, Giuseppe Tipaldo, Rodolfo Vitone, Nevio Zanardi, che sono stati invitati ad esporre nelle sale di Satura e che sono presenti nel catalogo. Ci auspichiamo che l’incontro sia fertile di scambi di idee e di esperienze, per farci uscire dall’isolamento provocato dalla scomparsa dei gruppi e dei movimenti che elaboravano le grandi tematiche e per contrastare così le tendenze attuali che appiattiscono la creatività artistica su di un’unica valenza mercantile. (Mario Pepe)
sabato 14 giugno 2008 ore 17:00 Palazzo Stella – inaugurazione
< GENOVA MEETS EASTON >
AMERICAN ART FESTIVAL
a cura di Karl Stirner – Mario Napoli
Mario Pepe – Maria Tagliafierro
aperta fino al 8 luglio 2008
dal martedì al sabato ore 16:30 – 19:00
chiuso lunedì e festivo
Genova, SATURA Associazione Culturale